mercoledì 3 agosto 2016

Afro face necklace



Cari lettori ricordate quando un po’ di tempo fa vi parlavo di una collana fatta con una pasta di fecola di patate scaduta da mesi?

Oggi vorrei proporvi le dosi:
150 g di fecola di patate (la mia era scaduta da mesi)
250 g di colla vinilica
2 cucchiai di olio (io ho utilizzato un comune olio di semi)
1 cucchiaino di succo di limone
crema per mani.

Il procedimento è lo stesso utilizzato per la realizzazione della pasta di mais.
 
Recentemente, sempre con lo stesso impasto, ho creato un pendente etnico che rappresenta un viso africano. L'ho dipinto con acrilico marrone e dorato ed infine ho passato della vernice trasparente lucida.

venerdì 22 luglio 2016

Gelo di anguria


Con l’arrivo della bella stagione cambiano le abitudini alimentari, vien meno la voglia di stare ai fornelli e si scelgono cibi freschi e leggeri. Il gelo d’anguria è un dolce tipo siciliano, morbido, rinfrescante e soprattutto non richiede una cottura eccessiva.

Gli ingredienti:
1,1 kg di anguria sbucciata 
80 g di maizena 
80 g di zucchero 
aroma al gelsomino 
cannella 
80 gr di gocce di cioccolato
pistacchi tritati per guarnire 

Sbucciate l’anguria, eliminate i semi e frullate con un mixer. Aiutandovi con un colino filtrate la frutta, fino ad ottenere un litro di succo. 
Versate il succo in una pentola, unite lo zucchero, la maizena e ponete sul fuoco. Fate cuocere per circa dieci minuti.
Quando il composto comincia ad addensarsi, togliete la pentola dal fuoco, aggiungete la cannella, l’aroma al gelsomino e lasciate intiepidire. 
Una volta freddo aggiungete le gocce di cioccolato, trasferite il composto in coppette e guarnite con pistacchi tritati. Mettete in frigo per almeno due ore. 
Il gelo di anguria è un dolce facile e veloce da realizzare. Con un basso contenuto calorico è in grado di soddisfare le esigneze di tutti coloro che sono a dieta, ma che non intendono rinunciare ad una golosa tentazione estiva.

venerdì 10 giugno 2016

Collana Frozen Green Nature




Recentemente ho realizzato queste perle con una pasta fatta con fecola di patate scaduta da diversi mesi. Tuttavia, la particolarità di questa collana è il metodo di colorazione. Infatti, oggi voglio spiegarvi la tecnica del “water marble”, molto usata nella nail art.
Grazie all'utilizzo di acqua e smalti per unghie (che ormai non utilizzate più). Potrete creare gioielli con venature simili a quelle del marmo.
Innanzitutto, vi serviranno i seguenti strumenti:
  • un bicchiere d'acqua
  • stuzzicadenti
  • smalti per unghie
Riempite un bicchiere con acqua a temperatura ambiente. Scegliete gli smalti con i colori che preferite (io ho utilizzato due smalti sui toni del verde, uno più chiaro e l'altro più scuro). Fate scendere una goccia di smalto nell'acqua, poco alla volta le gocce si espanderanno formando dei cerchi concentrici.
Con uno stuzzicadenti rompete le gocce di smalto sospese sulla superficie dell'acqua, in questo modo potrete creare le classiche venature del marmo, oppure disegni come cerchi, fiori, o righe astratte.
Fissate le perle su degli stuzzicadenti, una alla volta immergetele nell'acqua ed aspettate qualche secondo affinché il disegno aderisca bene.
Togliete, quindi, la perla dall'acqua e lasciate asciugare.
Infine, potete stendere della vernice finale trasparente per rendere le perle ancora più brillanti (io ho omesso questo passaggio perché avendo utilizzato degli smalti con glitter, le perle risultano già brillanti).
Questa tecnica vi permetterà di creare un numero infinito di disegni sempre diversi ed originali, mai nessuna perla sarà uguale ad un'altra e quanti più colori userete, tanto più variegato sarà il risultato finale. Buon divertimento.

martedì 10 maggio 2016

Camomilla fai da te

Cari lettori la scorsa settimana mi sono felicemente persa nelle campgne pugliesi. "Felicemente" perchè ogni tanto fa bene perdere se stessi e ritrovare un contatto con la natura e, soprattutto, in questo frangente ho avuto la fortuna di raccogliere della camomilla che sono certa mi farà compagnia nelle fredde sere d'inverno.
Sempre disponibile nelle credenze di casa, è nota fin dai tempi antichi per le sue molteplici virtù benefiche. E' una pianticella erbacea, con fusto ramificato, fiori bianchi con centro giallo, somiglianti a piccole margheritine.
Fiorisce da Aprile a Settembre e, al tempo della fioritura, emana un odore aromatico penetrante, i greci la chiamavano "mela nana", per quel suo caratteristico odore di mela.

Se ne utilizzano i fiori, raccolti prima della completa fioritura e seccati rapidamente all'ombra.
Contiene diversi principi, sostanze resinose, un olio essenziale, l'azulene, la cumarina e altri elementi, che non soltanto danno alla Camomilla potere calmante, sia per problemi nevralgici che di fenomeni spastici dell'apparato gastro-intestinale e di quello respiratorio, ma conferiscono a questa notevole efficacia nelle infiammazioni della pelle, sulla quale agisce anche come cicatrizzante.
Il modo più comune di utilizzare la camomilla è quello dell'infuso, un cucchiaino o cucchiaio in 250 ml di acqua bollente. Le dosi, infatti, vanno variate in ragione dell'uso che si intende fare.
Saranno sicuramente più alte se usata come eupeptico ed emmenagogo, più leggere come sedativo e tonico. Gioca un ruolo fondamentale anche il tempo di infusione. Con un tempo breve (massimo tre minuti) la camomilla vanta proprietà rilassanti. Se invece il tempo è più lungo, l'infuso avrà proprietà eccitanti simili alla caffeina. Infusioni ancor più lunghe, intorno ai 15 minuti, estraggono anche tannini e catechine, queste ultime note per le loro proprietà antiossidanti e antitumorali.
Inoltre quale sedativo va consumato lontano dai pasti, quale digestivo ed emmenagogo subito dopo i pasti principali. Può essere utilizzata nelle affezioni del cavo orale per sciacqui e gargarismi, come tonico per la pelle per risolvere le scottatute o per sanare piaghe e ferite
.



martedì 26 aprile 2016

Deep blue bracelet


Se siete in cerca di un bracciale semplice ma d'effetto siete nel posto giusto, infatti l'ultimo gioiello nato è il Deep blue bracelet.
Un bracciale composto da cinque fili di perle, tutte sui toni del blu e che trova la sua grazia proprio nell'equilibrio dei colori.
Per la realizzazione vi occorre:
  • filo di nylon
  • dieci coprinodo
  • due anelli in argento
  • una chiusura in argento
  • schegge e perline sui toni del blu
Prendete il filo di nylon fate un nodo e cercate di occultarlo con un coprinodo, inserite le perline e continuate così fino ad arrivare alla circonferenza del vostro polso, calcolando anche la chiusura. Unite assieme i cinque fili bloccandoli con un anello a ciascuna estremità, infine fissate la chiusura. 
Un gioiello che impreziosirà il vostro stile, illuminado i vostri outfit più eleganti con gusto e raffinatezza.


mercoledì 13 aprile 2016

Year of the cat

Delle volte è proprio strano come vengano fuori certe creazioni. Ad esempio l'idea di questo pendente a forma di gatto è arrivata mentre ero alla ricerca disperata di un regalo per un'amica. Attraversando una via del mio paese  "in a country where they turn back time", ho cominciato a canticchiare Year of the cat di Al Stewart. Pensavo che la mia amica adora il mare e riflettevo sulla strana coincidenza che effettivamente anche lei è un'amante dei gatti. Ero sulla strada giusta. Così aguzzando l'ingegno e dopo vari collegamenti mentali ho deciso che anzichè perdere tempo a cercare un bijoux particolare, avrei potuto con un po' di calma realizzarlo da me.
Per creare il pendente ho utilizzato una lastra di compensato di 7 cm su cui ho disegnato un simpatico micetto. Ho ritagliato il gatto con un seghetto da traforo, prestando particolare attenzione alla coda che essendo molto sottile può rompersi facilmente e nella parte superiore ho effettuato un forellino per metterci un gancetto. Per ottenere una superficie liscia senza imperfezioni ho carteggiato il lavoro con una carta abrasiva con grana 220.
Ho dipinto il pendente utilizzando colori acrilici: il blu del mare profondo e il giallo del sole. Infine, l'ho veriniciato con vernice trasparente per legno.

sabato 26 marzo 2016

La scarcella

La scarcella o "scarcedda" è una sorta di biscotto gigante che le mamme pugliesi di un tempo preparavano con gli avanzi di impasto usato per fare i biscotti. Mia madre me lo ha sempre spacciato per lavoretto pasquale, ad essere sincera la cosa non mi dispiaceva perchè mi divertiva pasticciare e dare così spazio alla creatività, anche se nella scelta delle forme si era più o meno vincolati da tutti i simboli cristiani che ricordano la Pasqua: un agnellino, una colomba, una "pupa" (una bambolina) o un cestino contenente delle uova. Infatti, particolarità di questo dolce è il fatto di essere decorato con uova sode e codette colorate.
Forse perchè dal punto di vista nutrizionale costituisce un pasto completo, o perchè abbastanza agevole da trasportare, veniva consumata a "Carusiniedd" ovvero il giorno di Pasquetta, così chiamato perchè nella zona di Taranto vi era l'usanza di fare una scampagnata nella vicina Carosino.

Ingredienti:
1 uovo
150 g di zucchero
50 g di olio
120 g di latte
500 g di farina
buccia grattugiata di un'arancia
un cucchiaino di lievito

per decorare:
uova sode
codette colorate


Setacciate la farina con il lievito, a parte sbattete le uova con lo zucchero, il latte e l'olio. Poco alla volta unite la farina con il lievito. Lavorate fino ad ottenere un impasto ben sodo. 
A questo punto date spazio alla vostra fantasia. Io ho creato dei piccoli cestini con al centro un uovo sodo ingabbiato con due striscioline di impasto, poi ho aggiunto delle roselline e codette di zucchero per abbellirli. Infine, fate cuocere a 180° per circa 20 minuti.
Cosa aspettate! Siete ancora in tempo per confezionare delle splendide scarcelle da assaporare durante la vostra gita fuori porta di Pasquetta.



giovedì 24 marzo 2016

Pastiera Napoletana

La pastiera è un dolce napoletano tipico del periodo pasquale e sulle sue antichissime origini ci sono diverse leggende. 
Una di queste narra che inconsapevole autrice del dolce fu la sirena Partenope, la quale aveva scelto il Golfo di Napoli come sua dimora e da lì cantava con voce soave. Gli abitanti, pertanto, ammaliati da questo canto, le portarono sette doni per ringraziarla:
il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e di quello vegetale
le uova, simbolo di fecondità
la ricotta, simbolo di abbondanza
la farina, forza e ricchezza della campagna
i fiori d'arancio, profumo della terra campana
le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo
lo zucchero per esprimere la dolcezza del suo canto
La sirena gradì molto questi doni, li raccolse e li unì creando la prima pastiera.
Probabilmente, questa leggenda ha radici nel culto pagano di Cerere, nelle offerte votive che durante il periodo primaverile venivano compiute da sacerdotesse che portavano in processione un uovo, simbolo di rinascita, poi tramandato nella tradizione cristiana.
Un'altra storia, narra che dei pescatori, a causa di un'improvvisa tempesta, rimasero in balia delle onde per un giorno ed una notte. Tornati a terra, raccontarono di aver resistito in mare così tanto tempo mangiando la "pasta di ieri", fatta con grano, ricotta, uova ed aromi.
Per questo motivo la pastiera fu considerata simbolo di vita.
Un altro racconto molto noto interessa Maria Teresa D’Austria, moglie del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai". Questa, cedendo alle insistenze del marito famoso per la sua ghiottoneria, assaggiò una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere alla canzonatura del re che, sottolineava la sua evidente soddisfazione nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il re esclamasse: "per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".
Quasi certamente nella versione attuale, la pastiera fu inventata dalle suore Benedettine di San Gregorio Armeno, in un convento nel cuore di Napoli.
Un'ignota suora volle che in quel dolce, simbolo di resurrezione, si unisse il profumo dei fiori dell'arancio del giardino conventuale. Mescolò alla ricotta una manciata di grano, aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, l'acqua di mille fiori profumata come la primavera, il cedro e delle spezie aromatiche venute dall'Asia.
Tuttavia, a questa ricetta classica ci sono poi delle variazioni. Ad esempio nella costiera amalfitana si usa riempire la pastiera di crema pasticciera, nel nolano viene realizzata una pastiera di tagliolini, mentre a Benevento si usa realizzare una pastiera di riso.
La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo perché è un dolce che con il passare dei giorni migliora. In questo modo, tutti gli aromi si amalgamano in un unico e inconfondibile sapore. Inoltre, ciò permette al dolce di asciugarsi e perdere l'umidità data dall'uso della ricotta.

ingredienti per una teglia da 20 cm
pasta frolla:
250 g di farina
100 g di zucchero
50 g olio
1 uovo

ripieno:
80 g di latte
125 g di grano cotto
un cucchiaino di olio
130 g ricotta
100 g zucchero
1 uovo + 1 tuorlo
buccia grattugiata di un limone
25 g cedro candito
25 g di arance candite
8 ml di acqua di fiori d'arancio
un pizzico di cannella

decorare con tuorlo + latte

In un tegame fate cuocere a fuoco lento, il grano con il latte, la buccia di limone e un cucchiaino di olio. Lasciate cuocere fino a che il composto non avrà assunto un aspetto cremoso e una volta pronto lasciate intiepidire.
Nel frattempo preparate la pasta frolla, formate un disco non troppo sottile e foderate una teglia infarinata.
In una ciotola mettere la ricotta, aggiungere lo zucchero e lavorate per qualche minuto. Unite l'uovo e il tuorlo, i canditi, la cannella e l'acqua di fiori d'arancio. A questo composto incorporate la crema di grano e mescolare ulteriormente.
Versate il composto nella teglia e con la pasta frolla rimanente formate delle strisce da disporre a griglia sul ripieno. Decorate con tuorlo e latte.
Mettete in forno a 180° per 80 minuti. Una volta cotta, estraetela soltanto quando completamente raffreddata.
Per fortuna è ancora presto per la prova costume perchè con un dolce così sarà impossibile resistere! Buona Pasqua!

lunedì 21 marzo 2016

Quaresimali

Siamo in piena Quaresima, il periodo che ricorda i 40 giorni trascorsi da Cristo nel deserto e rappresenta per la religione cattolica un invito alla conversione a Dio.
Perciò è caratterizzato da una serie di opere penitenziali sia "spirituali", quali la carità ed una più intensa attività di preghiera, sia sacrifici "culinari", come il digiuno, anche se limitato al mercoledì delle ceneri e al venerdì santo e l'astinenza dalle carni prevista ogni venerdì, in principio segno di povertà e oggi simbolo dell'abbandono del lusso per vivere una vita più essenziale.
Tuttavia, a chi non sentisse il bisogno di purificare il corpo, consiglio di provare questi biscotti pugliesi, tipici del periodo Pasquale, anche se nell'aspetto e nelle modalità di esecuzione, ricordano molto i cantucci toscani.
Su quale sia il nome di questi biscotti ci sono molti dubbi: secondo i meno creativi "biscotti caserecci alle mandorle", per altri "biscotti duri", per Eleonora "fiorentini", secondo nonna Celeste "ossa di Cristo". Io ho optato per "Quaresimali" poichè è il nome più diffuso. 

Ingredienti:
5 uova
500 g di zucchero
1 kg di farina
500 g di mandorle con pellicina
buccia grattugiata di un limone
buccia grattugiata di un'arancia
65 g di olio
latte (q.b.)
50 ml di anice
un cucchiaino di bicarbonato
una bustina di lievito per dolci
decorare con turolo + latte + zucchero.
Innanzitutto tostate le mandorle, si tratta di un'operazione importante che se omessa potrebbe compromettere il risultato finale. Infatti, per evitare che nella fase di taglio i biscotti si possano rompere, è fondamentale che le mandorle siano ben tostate, in tal maodo il taglio sarà netto e senza briciole.
In una ciotola rompete le uova, aggiungete lo zucchero, l'olio, il liquore e sbattete per qualche secondo.
Unite il composto alla farina setacciata, aggiungete il bicarbonato, il lievito e la buccia di un'arancia e di un limone, lavorate gli ingredienti per qualche minuto ed infine unite le mandorle (250 g intere e 250 g ridotte in pezzi grossi). Impastate fino ad ottenere un composto omogeneo e piuttosto sodo. Se occorre, aggiungete un po' di farina. Se invece fosse troppo duro, ammorbiditelo con del latte.
Dividete l'impasto in 8 parti e formate dei cilindri di 3 cm di diametro, appiattiteli leggermente, spennellate la superficie con tuorlo + latte e cospargetela di zucchero.
Infornate a 180° per 20 minuti. Trascorso questo tempo, togliete i cilindri dal forno e quando saranno ancora caldi tagliateli in diagonale in pezzi di 2 cm di spessore.
Rimettete i biscotti in forno e lasciateli biscottare lentamente fino a quando non saranno ben secchi, duri e croccanti.
Si tratta di semplici biscotti da fine pasto, ideali per essere inzuppati in un vino da dessert o
un buon primitivo di Manduria.
 

martedì 8 marzo 2016

Spring Jewels


Forse avrei dovuto chiamare questi gioielli "almost spring jewels" poichè difatti la primavera non è ancora arrivata e se osservo il cielo in questo momento me ne rendo conto benissimo.
Ma si sa, marzo è un po' così... e non poteva essere diversamente nel mese dedicato al dio Marte sempre in lotta con se stesso, con cambiamenti repentini, l'alternanza di sole e pioggia e l'incerto passaggio dal freddo al caldo.
Sebbene, quindi, il calendario ci dica che non è ancora ufficialmente primavera, comunque è molto vicina e la natura lo conferma. Alberi, piante e fiori hanno gemme turgide pronte ad esplodere e mostrare tutta la loro bellezza.
Perchè non realizzare, quindi, queste perle in porcellana fredda? Tinte pastello che infondono un senso di rilassatezza e benessere: il giallo delle fresie, l'arancio dell'amaryllis, il violetto del giacinto, il verde dei prati e il grigio delle nubi plumbee che passano rapide in cielo, ricordando l'esplosione di colori e profumi che la natura offre in questo periodo dell'anno. Ogni 8 marzo, oltretutto, è un'occasione speciale per indossare un accessorio con il giallo il colore del fiore, la mimosa, simbolo della Festa della donna.





lunedì 29 febbraio 2016

Trecce Brioche

Cari lettori oggi vi do il buongiorno con una buona brioche che ha segnato la mia infanzia, il profumo, infatti, ricorda quello delle trecce che ogni tanto quando ero piccola, prima di entrare a scuola, alle elementari, mio padre mi comprava come ricompensa per un buon voto preso a scuola il giorno prima. Avvolte nella carta marrone, calde, morbide e completamente ricoperte di zucchero … impossibile non sporcarsi! 
A distanza di anni credo di aver trovato la ricetta.
Ingredienti:
100 g di lievito madre
150 g di acqua 
150 g di latte 
100 g di burro
2 uova 
120 g di zucchero  
600 g di farina 
buccia di un'arancia grattugiata
1 pizzico di sale 

per decorare
latte + 30 g di zucchero 

sciogliete il lievito madre in una ciotola con l'acqua tiepida. 
In una terrina mescolate il burro ammorbidito con le uova, lo zucchero e un pizzico di sale. Unite la farina, la buccia di arancia, il lievito di birra sciolto ed il latte tiepido. Lavorate la pasta per una ventina di minuti e mettetela a lievitare coperta con un panno umido. Una volta raddoppiato il suo volume dividetela in porzioni da 75 g, da questa ricavate tre pezzi uguali (da 25 g l'uno), lavorateli in modo da ottenere dei cilindri e con essi formate delle trecce. Coprite le brioche e lasciatele lievitare per tre ore, quando saranno pronte spennellatele con latte e cospargete la superficie di zucchero. Fate cuocere per 25 minuti a 180°.



martedì 23 febbraio 2016

Best Friend pendant

Lo so, sono in ritardo! 
La festa nazionale del gatto è stata la scorsa settimana, una festa nata nel 1990 e proposta dalla rivista “Tuttogatto”. Per diversi motivi la scelta della data è caduta sul 17 febbraio.
Innanzitutto, partendo dal mese, febbraio è nel segno zodiacale dell'acquario, un segno distaccato, solitario, che ha un grande bisogno di libertà proprio come i gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole. Inoltre, sulla base di antiche credenze popolari, febbraio veniva definito “il mese dei gatti e delle stregheNel medioevo, infatti, i gatti erano considerati la reincarnazione delle streghe e, quindi, sottoposti ad atroci torture.
Per ciò che concerne il giorno, nella nostra tradizione il numero 17 è sempre stato considerato un numero portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto. La connotazione negativa del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in “VIXI” ovvero “sono vissuto”, di conseguenza “sono morto”.

Non così per il gatto, poiché, la sua resistenza alle malattie, agli incidenti e la capacità di sopravvivere a cadute anche da notevoli altezze sono diventate proverbiali: di lui si dice proprio che abbia sette vite e così che il 17 diventa quindi “1 vita per 7 volte”.
Da buona gattara non potevo sottrarmi dal rendere omaggio al mio dolcissimo “Frodo” e per l'occasione ho realizzato il pendente “Best Friend”. 
Per realizzarlo ho utilizzato una lastra di compensato (5 cm x 2,5 cm) su cui ho disegnato il viso di un gatto. 
Con un seghetto da traforo ho ritagliato il viso seguendo le linee del disegno. Ho effettuato due forellini all'altezza delle orecchie e per rimuovere eventuali imperfezioni ho carteggiato il lavoro con una carta abrasiva con grana 220, fino ad ottenere una superficie liscia e livellata. 
A questo punto ho dipinto il pendente con colori acrilici e l'ho rifinito verniciandolo con vernice trasparente per legno, che una volta asciutta gli ha conferito lucentezza. Infine, ho assemblato la collana utilizzando una catena di 20 cm. 
Indossando questo simpaticissimo micio non avrete più carenze d'affetto e porterete i vostri simpatici amici sempre con voi.