sabato 26 marzo 2016

La scarcella

La scarcella o "scarcedda" è una sorta di biscotto gigante che le mamme pugliesi di un tempo preparavano con gli avanzi di impasto usato per fare i biscotti. Mia madre me lo ha sempre spacciato per lavoretto pasquale, ad essere sincera la cosa non mi dispiaceva perchè mi divertiva pasticciare e dare così spazio alla creatività, anche se nella scelta delle forme si era più o meno vincolati da tutti i simboli cristiani che ricordano la Pasqua: un agnellino, una colomba, una "pupa" (una bambolina) o un cestino contenente delle uova. Infatti, particolarità di questo dolce è il fatto di essere decorato con uova sode e codette colorate.
Forse perchè dal punto di vista nutrizionale costituisce un pasto completo, o perchè abbastanza agevole da trasportare, veniva consumata a "Carusiniedd" ovvero il giorno di Pasquetta, così chiamato perchè nella zona di Taranto vi era l'usanza di fare una scampagnata nella vicina Carosino.

Ingredienti:
1 uovo
150 g di zucchero
50 g di olio
120 g di latte
500 g di farina
buccia grattugiata di un'arancia
un cucchiaino di lievito

per decorare:
uova sode
codette colorate


Setacciate la farina con il lievito, a parte sbattete le uova con lo zucchero, il latte e l'olio. Poco alla volta unite la farina con il lievito. Lavorate fino ad ottenere un impasto ben sodo. 
A questo punto date spazio alla vostra fantasia. Io ho creato dei piccoli cestini con al centro un uovo sodo ingabbiato con due striscioline di impasto, poi ho aggiunto delle roselline e codette di zucchero per abbellirli. Infine, fate cuocere a 180° per circa 20 minuti.
Cosa aspettate! Siete ancora in tempo per confezionare delle splendide scarcelle da assaporare durante la vostra gita fuori porta di Pasquetta.



giovedì 24 marzo 2016

Pastiera Napoletana

La pastiera è un dolce napoletano tipico del periodo pasquale e sulle sue antichissime origini ci sono diverse leggende. 
Una di queste narra che inconsapevole autrice del dolce fu la sirena Partenope, la quale aveva scelto il Golfo di Napoli come sua dimora e da lì cantava con voce soave. Gli abitanti, pertanto, ammaliati da questo canto, le portarono sette doni per ringraziarla:
il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e di quello vegetale
le uova, simbolo di fecondità
la ricotta, simbolo di abbondanza
la farina, forza e ricchezza della campagna
i fiori d'arancio, profumo della terra campana
le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo
lo zucchero per esprimere la dolcezza del suo canto
La sirena gradì molto questi doni, li raccolse e li unì creando la prima pastiera.
Probabilmente, questa leggenda ha radici nel culto pagano di Cerere, nelle offerte votive che durante il periodo primaverile venivano compiute da sacerdotesse che portavano in processione un uovo, simbolo di rinascita, poi tramandato nella tradizione cristiana.
Un'altra storia, narra che dei pescatori, a causa di un'improvvisa tempesta, rimasero in balia delle onde per un giorno ed una notte. Tornati a terra, raccontarono di aver resistito in mare così tanto tempo mangiando la "pasta di ieri", fatta con grano, ricotta, uova ed aromi.
Per questo motivo la pastiera fu considerata simbolo di vita.
Un altro racconto molto noto interessa Maria Teresa D’Austria, moglie del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai". Questa, cedendo alle insistenze del marito famoso per la sua ghiottoneria, assaggiò una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere alla canzonatura del re che, sottolineava la sua evidente soddisfazione nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il re esclamasse: "per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".
Quasi certamente nella versione attuale, la pastiera fu inventata dalle suore Benedettine di San Gregorio Armeno, in un convento nel cuore di Napoli.
Un'ignota suora volle che in quel dolce, simbolo di resurrezione, si unisse il profumo dei fiori dell'arancio del giardino conventuale. Mescolò alla ricotta una manciata di grano, aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, l'acqua di mille fiori profumata come la primavera, il cedro e delle spezie aromatiche venute dall'Asia.
Tuttavia, a questa ricetta classica ci sono poi delle variazioni. Ad esempio nella costiera amalfitana si usa riempire la pastiera di crema pasticciera, nel nolano viene realizzata una pastiera di tagliolini, mentre a Benevento si usa realizzare una pastiera di riso.
La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo perché è un dolce che con il passare dei giorni migliora. In questo modo, tutti gli aromi si amalgamano in un unico e inconfondibile sapore. Inoltre, ciò permette al dolce di asciugarsi e perdere l'umidità data dall'uso della ricotta.

ingredienti per una teglia da 20 cm
pasta frolla:
250 g di farina
100 g di zucchero
50 g olio
1 uovo

ripieno:
80 g di latte
125 g di grano cotto
un cucchiaino di olio
130 g ricotta
100 g zucchero
1 uovo + 1 tuorlo
buccia grattugiata di un limone
25 g cedro candito
25 g di arance candite
8 ml di acqua di fiori d'arancio
un pizzico di cannella

decorare con tuorlo + latte

In un tegame fate cuocere a fuoco lento, il grano con il latte, la buccia di limone e un cucchiaino di olio. Lasciate cuocere fino a che il composto non avrà assunto un aspetto cremoso e una volta pronto lasciate intiepidire.
Nel frattempo preparate la pasta frolla, formate un disco non troppo sottile e foderate una teglia infarinata.
In una ciotola mettere la ricotta, aggiungere lo zucchero e lavorate per qualche minuto. Unite l'uovo e il tuorlo, i canditi, la cannella e l'acqua di fiori d'arancio. A questo composto incorporate la crema di grano e mescolare ulteriormente.
Versate il composto nella teglia e con la pasta frolla rimanente formate delle strisce da disporre a griglia sul ripieno. Decorate con tuorlo e latte.
Mettete in forno a 180° per 80 minuti. Una volta cotta, estraetela soltanto quando completamente raffreddata.
Per fortuna è ancora presto per la prova costume perchè con un dolce così sarà impossibile resistere! Buona Pasqua!

lunedì 21 marzo 2016

Quaresimali

Siamo in piena Quaresima, il periodo che ricorda i 40 giorni trascorsi da Cristo nel deserto e rappresenta per la religione cattolica un invito alla conversione a Dio.
Perciò è caratterizzato da una serie di opere penitenziali sia "spirituali", quali la carità ed una più intensa attività di preghiera, sia sacrifici "culinari", come il digiuno, anche se limitato al mercoledì delle ceneri e al venerdì santo e l'astinenza dalle carni prevista ogni venerdì, in principio segno di povertà e oggi simbolo dell'abbandono del lusso per vivere una vita più essenziale.
Tuttavia, a chi non sentisse il bisogno di purificare il corpo, consiglio di provare questi biscotti pugliesi, tipici del periodo Pasquale, anche se nell'aspetto e nelle modalità di esecuzione, ricordano molto i cantucci toscani.
Su quale sia il nome di questi biscotti ci sono molti dubbi: secondo i meno creativi "biscotti caserecci alle mandorle", per altri "biscotti duri", per Eleonora "fiorentini", secondo nonna Celeste "ossa di Cristo". Io ho optato per "Quaresimali" poichè è il nome più diffuso. 

Ingredienti:
5 uova
500 g di zucchero
1 kg di farina
500 g di mandorle con pellicina
buccia grattugiata di un limone
buccia grattugiata di un'arancia
65 g di olio
latte (q.b.)
50 ml di anice
un cucchiaino di bicarbonato
una bustina di lievito per dolci
decorare con turolo + latte + zucchero.
Innanzitutto tostate le mandorle, si tratta di un'operazione importante che se omessa potrebbe compromettere il risultato finale. Infatti, per evitare che nella fase di taglio i biscotti si possano rompere, è fondamentale che le mandorle siano ben tostate, in tal maodo il taglio sarà netto e senza briciole.
In una ciotola rompete le uova, aggiungete lo zucchero, l'olio, il liquore e sbattete per qualche secondo.
Unite il composto alla farina setacciata, aggiungete il bicarbonato, il lievito e la buccia di un'arancia e di un limone, lavorate gli ingredienti per qualche minuto ed infine unite le mandorle (250 g intere e 250 g ridotte in pezzi grossi). Impastate fino ad ottenere un composto omogeneo e piuttosto sodo. Se occorre, aggiungete un po' di farina. Se invece fosse troppo duro, ammorbiditelo con del latte.
Dividete l'impasto in 8 parti e formate dei cilindri di 3 cm di diametro, appiattiteli leggermente, spennellate la superficie con tuorlo + latte e cospargetela di zucchero.
Infornate a 180° per 20 minuti. Trascorso questo tempo, togliete i cilindri dal forno e quando saranno ancora caldi tagliateli in diagonale in pezzi di 2 cm di spessore.
Rimettete i biscotti in forno e lasciateli biscottare lentamente fino a quando non saranno ben secchi, duri e croccanti.
Si tratta di semplici biscotti da fine pasto, ideali per essere inzuppati in un vino da dessert o
un buon primitivo di Manduria.
 

martedì 8 marzo 2016

Spring Jewels


Forse avrei dovuto chiamare questi gioielli "almost spring jewels" poichè difatti la primavera non è ancora arrivata e se osservo il cielo in questo momento me ne rendo conto benissimo.
Ma si sa, marzo è un po' così... e non poteva essere diversamente nel mese dedicato al dio Marte sempre in lotta con se stesso, con cambiamenti repentini, l'alternanza di sole e pioggia e l'incerto passaggio dal freddo al caldo.
Sebbene, quindi, il calendario ci dica che non è ancora ufficialmente primavera, comunque è molto vicina e la natura lo conferma. Alberi, piante e fiori hanno gemme turgide pronte ad esplodere e mostrare tutta la loro bellezza.
Perchè non realizzare, quindi, queste perle in porcellana fredda? Tinte pastello che infondono un senso di rilassatezza e benessere: il giallo delle fresie, l'arancio dell'amaryllis, il violetto del giacinto, il verde dei prati e il grigio delle nubi plumbee che passano rapide in cielo, ricordando l'esplosione di colori e profumi che la natura offre in questo periodo dell'anno. Ogni 8 marzo, oltretutto, è un'occasione speciale per indossare un accessorio con il giallo il colore del fiore, la mimosa, simbolo della Festa della donna.