domenica 13 dicembre 2015

Occhi di Santa Lucia


Il tempo che è trascorso non è bastato a far dimenticare che il giorno di Santa Lucia, mia nonna materna, con incredibile organizzazione tecnica, passione e amore per il suo lavoro, cominciava a preparare una serie di pietanze per i banchetti regali che la "Contessa" era solita organizzare durante le festività natalizie, con somma gioia degli ospiti che avrebbero, così, potuto assaggiare le cibarie più ricche e deliziose. Pare che questa "Contessa", molto ghiotta di fave e cicoria, fosse oltremodo golosa di piccoli dolcetti ricoperti di una glassa candida come la neve. 
Quando la nonna era indaffarata in cucina a preparare torte e biscotti, intratteneva me e i miei cugini con storie dettagliate di strani personaggi. Non vedevamo l'ora di stare con lei per poter ascoltare una nuova storia, ricca di particolari come se fossimo stati lì anche noi, in chissà quale epoca, ad assistere agli eventi. Non si trattava di favole con il lieto fine. Anzi, molto spesso i personaggi non avevano una vita agevole, costretti a subire lunghe e atroci sofferenze e forse era proprio questo finale non scontato a far apparire più intriganti questi racconti. Il dilemma era: saranno storie vere? …oppure inventate dalla nonna? Con gli anni abbiamo capito che erano storie di santi abbellite per noi bambini. 
Così ogni 13 dicembre mentre, aggiungeva alla farina, vino bianco ed olio caldo, la nonna ci raccontava la storia di una fanciulla di nome Lucia, una bella ragazza proveniente da una buona famiglia e destinata in sposa ad un giovane del paese. Poiché la mamma era gravemente ammalata, Lucia ne invocò la guarigione sulla tomba di Sant'Agata che, ascoltando le sue preghiere, le chiese di dedicare la sua giovane vita all'aiuto dei più poveri e deboli.
Tornata a casa, Lucia trovò la mamma guarita, pertanto ruppe il fidanzamento e decise di donare tutta la sua dote ai più poveri. Il fidanzato arrabbiato decise di vendicarsi, denunciando pubblicamente quella che avrebbe dovuto essere la sua futura sposa, con l'accusa di essere cristiana. Durante l'impero di Diocleziano vi era la persecuzione dei cristiani, pertanto, il prefetto dell'epoca Pacasio la sottopose a diverse prove di umiliazione e torture per costringerla a convertirsi: cercò di farle perdere la sua virtù, di farla maltrattare dai soldati, la fece trascinare da due buoi lungo le strade del paese, tentò di ustionarla con olio bollente, di bruciarla viva al rogo. Infine, dato che niente di tutto questo riusciva a smuoverla, venne sgozzata con una spada. 
Quando l'impasto era pronto, la nonna cominciava a preparare gli “occhi di Santa Lucia” dolci la cui forma ricorda un piccolo occhio umano e raccontava così un'altra leggenda, secondo cui un ragazzo innamorato di Lucia chiese i suoi occhi in regalo perché abbagliato dalla loro bellezza. Lucia acconsentì al regalo, ma gli occhi le ricrebbero più belli ed il ragazzo chiese in regalo anche questi, ma la giovane rifiutò, così venne da lui uccisa con un coltello nel cuore. 

La ricetta per preparare gli occhi di Santa Lucia è molto semplice, vi occorrono: 
500 g di farina 
100 ml di vino bianco 
100 g di olio 
un pizzico di sale 

Per la glassa: 
un albume (60 g) 
100 g di zucchero a velo
essenza all’arancia 

In una ciotola unite la farina, l'olio caldo, il vino e un pizzico di sale. Impastate fino ad ottenere un panetto sodo e abbastanza elastico.
Prelevate poco impasto alla volta, formate dei cilindri di 1 cm di diametro lunghi circa 7 cm. Unite le estremità e realizzate dei taralli allungati cercando di formare degli occhi.
Posizionateli su una teglia rivestita con carta da forno e cuoceteli a 180 °C per circa 20 minuti. Sfornateli e fateli raffreddare. 
Per la glassa: montate a neve l'albume, aggiungete poco alla volta lo zucchero a velo e l'essenza di arancia. Mescolate fino ad ottenere una glassa liscia e densa. Immergete gli ochietti nella glassa e fateli asciugare.
Si tratta di dolcetti friabili, leggeri, molto profumati, fatti con ingredienti semplici e preparati per ingentilire le tavole ed i palati dei nobili del tempo.

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